In una interessante sentenza il Giudice del Tribunale di Benevento è intervenuto sul delicato tema della diffamazione effettuata a mediante un social network, nella specie Facebook.
Secondo il magistrato campano, affinché un messaggio abbia contenuto diffamatorio idoneo a causare un danno risarcibile in sede civile, è necessario che esso sia tale da distorcere, alterare ovvero travisare il patrimonio intellettuale, religioso, politico, sociale e ideologico del soggetto destinatario mediante l’offesa alla sua reputazione. Risultano idonee a tal fine anche le sole espressioni dubitative, nella forma di insinuazione, atte a ledere ovvero metter in pericolo l’altrui reputazione in valutazione del complessivo contesto dialettico realizzato. A nulla rileva ai fini del risarcimento del danno, invece, che in sede penale vi sia stata assoluzione dell’imputato per il reato di diffamazione aggravata.
Aggiunge il giudice Beneventino che “Quanto poi alla scriminante dell’esercizio del diritto di critica gli elementi caratterizzanti il necessario bilanciamento degli interessi in gioco vengono individuati nell’interesse sociale alla informazione, continenza del linguaggio e verità del fatto narrato. In particolare relativamente alla continenza si afferma che occorre tener conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta, andando a verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur se aspri o forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti ma siano comunque pertinenti al tema di discussione, e che dunque è legittimo anche l’utilizzo di modalità espressive ironiche, irridenti o sarcastiche, purché non si trascenda in gratuiti attacchi personali”
Tribunale Benevento, 30/01/2020, Sentenza n. 234.