La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 194, ha sancito la legittimità della clausola statutaria che subordina l’efficacia del trasferimento delle azioni di s.p.a. o delle quote di s.r.l. alla preventiva adesione da parte dell’acquirente ad un determinato patto parasociale.
Si tratta di una clausola statutaria limitativa della libera circolazione delle azioni ex art. 2355 bis c.c. o delle quote ex art. 2469 c.c., volta a creare un collegamento tra lo statuto sociale e un patto parasociale, quest’ultimo inteso quale accordo esterno all’atto costitutivo e allo statuto con cui i soci si obbligano a tenere un determinato comportamento nella società o verso la società stessa.
La clausola in oggetto è ritenuta compatibile con la disciplina del diritto societario anzitutto poiché il rinvio operato dallo statuto ad un accordo non soggetto ad alcuna forma di pubblicità legale (salvo quanto previsto dall’art. 122 TUF per i patti parasociali relativi a società quotate e dall’art. 2341 ter c.c. per quelli relativi a società con azionariato diffuso) non risulta in contrasto con le disposizioni concernenti la forma e la pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, avendo esse un’operatività circoscritta alle regole organizzative della società ivi contenute.
È, infatti, possibile che lo statuto contempli rinvii ad atti o fatti esterni, quali presupposti per modifiche statutarie o per la determinazione della spettanza o della misura dei diritti sociali: nello stesso tempo, però, occorre rendere conoscibile ai potenziali acquirenti il contenuto del patto parasociale, alla cui adesione è subordinato il trasferimento delle partecipazioni, prevendendo un obbligo in capo agli amministratori di fornire loro ogni informazione in proposito necessaria.
La suddetta clausola non attribuisce una efficacia c.d. reale alle disposizioni del patto parasociale, le quali mantengono invece la loro caratteristica efficacia c.d. obbligatoria, rappresentando solo la fonte di diritti risarcitori in caso di violazione delle stesse.
L’opponibilità nei confronti dei terzi acquirenti, invero, riguarda esclusivamente la clausola limitativa del trasferimento delle partecipazioni contenuta nello statuto.
Infine, non si può ritenere che la clausola obblighi in via automatica il rispetto di un accordo esterno, in cui verrebbero inserite le regole organizzative che non potrebbero trovare legittimazione all’interno di uno statuto, poiché l’adesione al patto deve essere espressamente voluta e convenuta dall’acquirente ed esso rimane comunque soggetto ai limiti e alla disciplina che lo caratterizzano e che divergono dalle regole inderogabili proprie degli statuti delle s.r.l. e delle s.p.a.
Infine, nonostante il suddetto rinvio statutario, il patto parasociale conserva la sua natura e risulta soggetto ai limiti e alla disciplina propria dei patti parasociali, quali la durata quinquennale (in s.p.a.) e l’inopponibilità nei confronti dei terzi che non vi aderiscano espressamente.
Fonte: ilsocietario.it