Il limite di tollerabilità delle immissioni non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale.
Tizio aveva chiesto al giudice la cessazione delle immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità nei confronti del proprietario del piano superiore (Caio). Secondo il convenuto, invece, i rumori erano l’effetto delle normali attività di utilizzo dell’immobile. Difatti, secondo Caio, lo spostamento del vano cucina in corrispondenza della camera da letto non aveva alterato il carico acustico sulle proprietà sottostanti.
In primo e in secondo grado, a seguito di CTU, i giudici del merito avevano accolto la domanda evidenziando che lo spostamento dei servizi e la nuova destinazione del vano sovrastante alla camera da letto del resistente avevano determinato il superamento del limite di tre decibel rispetto alla rumorosità di fondo. Avverso tale pronuncia, il convenuto ha proposto ricorso in cassazione eccependo l’errata verifica effettuata dal CTU.
Nel giudizio di legittimità, la pronuncia viene criticata, in particolare in merito allo svolgimento della CTU. Difatti, secondo la Corte, il tecnico aveva svolto delle indagini prescindendo dalle normali modalità di utilizzo degli immobili e dal livello di rumorosità della zona. Ovvero, l’accertamento non poteva basarsi sui test svolti nel solo ambiente sottostante alla proprietà del ricorrente e in condizioni di assoluto silenzio. Per tali ragioni, la Corte ha accolto le censure di Caio ed ha affermato che il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo). Ne consegue che la valutazione, diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata. In conclusione, la Corte ha cassato la pronuncia con rinvio.
(Cass. civ. sez. II, 5 novembre 2018 n. 28201)
Accertamento dei rumori condominiali intollerabili: ammessa la testimonianza.
Un tema diffuso e dibattuto in materia condominiale è quello della normale tollerabilità dei rumori prodotti dai vicini nel proprio condominio.
La domanda che spesso ci si pone è “come si può tutelare il diritto alla quiete se il vicino tiene la musica a tutto volume fino alle due di notte impedendo il riposo agli altri condomini?”
Dal punto di vista civilistico il livello di tollerabilità è previsto dalla legge ed in particolare dall’art. 844 c.c., che non prevede una modalità specifica per determinarlo. Come è possibile quindi stabilire la tollerabilità o meno di un’immissione sonora?
Molti ritengono che occorra convocare un tecnico professionista dotato di strumentazione per le misurazioni sonore affinché misuri il livello di decibel nel momento esatto in cui il rumore viene prodotto, ma tale situazione è difficilmente realizzabile. L’ipotesi più probabile è infatti che nel momento in cui il tecnico si trovi nell’abitazione per la misurazione dei rumori il vicino sia silenzioso e quindi tale servizio, che deve peraltro essere remunerato, sia inutile.
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze [1], tuttavia, ha evidenziato che i mezzi di prova utilizzabili per accertare il livello di normale tollerabilità delle immissioni non devono avere necessariamente natura tecnica. Infatti, poiché la finalità dell’art. 844 c.c. è anche quella di disciplinare i rapporti di vicinato, la prova testimoniale per dimostrare l’intollerabilità è pienamente ammissibile se riguarda fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei testimoni, e quindi non può ritenersi espressione di giudizi valutativi, come tali vietati ai testimoni.
La Corte d’Appello precisa che in tema di immissioni sonore, se da un lato è vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore, in quanto il fatto che un rumore venga percepito non significa anche che sia per ciò solo intollerabile (Cass. civ., Sez. II, Sent. 11 febbraio 2011 n. 3440), è altrettanto vero che se i rumori si protraggono fino a notte fonda in un contesto silenzioso, come normalmente accade dopo una certa ora (in genere dopo le ore 23), tali rumori assumono una maggiore e particolare rilevanza e si connotano di una intollerabilità marcata incidendo negativamente sulla serenità domestica e sul bene fondamentale dell’individuo che è il diritto al riposo.
[1] Corte Appello Firenze, Sez. II, Sentenza n. 551 del 26 marzo 2015.
Termovalvole in condominio: arrivano le sanzioni per chi non è in regola
Per l’adozione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore, l’assemblea dovrà deliberare a maggioranza semplice (un terzo dei condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio). È prevista la maggioranza dei presenti rappresentati almeno i 500 millesimi, laddove si applichi la ripartizione prevista dal decreto 141/2016 in deroga alla norma Uni 10200.
Due le condizioni per l’esonero dall’obbligo d’installazione di sistemi di contabilizzazione del calore senza incorrere in sanzioni: impossibilità tecnica e inefficienza in termini economici. L’installazione dei contabilizzatori di calore risulta, quindi, derogabile se sono verificate le condizioni esimenti, accertate e dichiarate in una relazione tecnica predisposta dal progettista-tecnico abilitato.
Sanzioni
I singoli cittadini proprietari di un appartamento in edificio condominiale, la cui assemblea non abbia deliberato e fatto eseguire per tempo i lavori, rischiano un’ammenda da 500 a 2.500 euro rispetto ad ogni unità immobiliare. La Regione predisporrà ispezioni a campione che presumibilmente arriveranno nelle prossime settimane. Secondo il Sole 24 Ore esiste il rischio che all’arrivo della stagione invernale le ditte di manutenzione potrebbero chiedere la risoluzione dei contratti con i condomini che non sono in regola, rifiutando il ruolo di terzo responsabile (cioè di colui che, per conto della collettività dei condomini, risponde dell’impianto stesso davanti alla legge). Esistono anche casi di tentativi di eludere la normativa nel caso si sia in possesso di una relazione tecnica che attesti l’impossibilità o la non convenienza nel proprio stabile. Tale soluzione però potrebbe essere contestata perchè la possibilità che la legge prevede di sottrarsi all’obbligo riguarda casi specifici che vanno accertati con serietà da un professionista, sul quale poi ricade dunque la responsabilità dei riscontri certificati. strada tutta in salita quindi per chi cerca soluzioni dell’ultimo minuto.
Immobile pignorato: chi paga le spese?
Le spese condominiali relativi ad un bene immobile oggetto di espropriazione singolare, maturate dopo il pignoramento, sono da considerarsi spese processuali e come tali debbono essere anticipate e pagate dal custode o dal creditore procedente, per poi essere loro rimborsate in prededuzione con la distribuzione del ricavato della liquidazione forzata.
Così ha deciso la Cassazione con sentenza n.12877 del 22/6/2016, con la quale ha ritenuto essere spese per atti necessari del processo solo quelle strumentali alla conservazione dell’integrità materiale dell’immobile pignorato.
Fonte: Altalex
Ogni condomino può installare un contatore dell’acqua nel proprio appartamento
Spesso in sede di assemblea condominiale capita di discutere sul consumo dell’acqua e la relativa ripartizione tra i condomini.
Perché pagare acqua che non consumiamo? Questa è una domanda ricorrente. La risposta esiste ed è quella di installare uno strumento di misurazione, il c.d. “contatore di sottrazione”. Infatti ognuno dei condomini ha diritto di installare un contatore particolare all’interno del proprio alloggio e nessuno degli altri condomini si può opporre. E’ possibile quindi rendersi indipendenti dal condominio per quanto concerne le spese di ripartizione dell’acqua.
Il contatore particolare dovrà essere posizionato vicino alla propria valvola generale dell’acqua.
Unica regola è quella di informare l’amministratore della avvenuta installazione del contatore particolare, preferibilmente a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno (o con una p.e.c.), precisandogli che al momento dell’acquisizione dei dati di consumo sarete disponibili a fargli effettuare la lettura del contatore per annotare il vostro consumo effettivo.
Aggiungo, inoltre, che se vi è stato detto che il contatore deve essere presente in tutti gli alloggi altrimenti la divisione delle spese di consumo viene fatta in parti uguali tra tutti i condomini (anche se alcuni di essi hanno un contatore) vi hanno raccontato una favoletta.
Il Tribunale di Roma (sentenza 30/01/2017) ha recentemente affermato infatti che “nel condominio le spese relative al consumo di acqua devono essere ripartite in base all’effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche”.
Questo orientamento rientra nel principio di razionalizzazione dei consumi eliminando gli sprechi, in una prospettiva di tutela ambientale e di risparmio della risorsa idrica.
Vale quindi senz’altro la pena installare un contatore particolare se si vuole evitare di pagare l’acqua anche per gli altri condomini.
Avv. Marco Domenico Luongo