diritto societario

L’usurarietà degli interessi moratori non si comunica agli interessi corrispettivi inferiori al tasso soglia usura

Cass. Civ. – Sez. III – 13 settembre 2019, Sentenza n. 22890.

Secondo la Suprema Corte l’usurarietà degli interessi moratori non si comunica agli interessi corrispettivi inferiori al tasso soglia usura.

Nel contenzioso bancario, l’asserita usurarietà del tasso di interesse moratorio (anche se mai applicato) è spesso preordinata ad ottenere la gratuità dell’intero contratto di finanziamento e dunque la non debenza anche degli interessi corrispettivi non usurari, sul presupposto che “Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” (art. 1815, comma 2, c.c.).

Ci si chiede quindi se la eventuale pattuizione di interessi moratori usurari travolga anche la convenzione relativa agli interessi corrispettivi pattuiti nel rispetto del tasso soglia usura.

La giurisprudenza

In riferimento agli effetti del superamento del tasso-soglia da parte degli interessi moratori (singolarmente considerati e non sommati con quelli corrispettivi), si registrano conclusioni non univoche da parte della giurisprudenza di merito.

Secondo un primo orientamento (App. Venezia 18.2.2013; Trib. Pavia 10.12.2014; Trib. Torino 20.6.2015, 27.4.2016, 17.11.2016; Trib. Bari 18.10.2016 e 24.10.2017; Trib. Viterbo 5.1.2016; Trib. Chieti 27.2.2017; Trib. Como 13.7.2017; Trib. Viterbo 14.6.2017; Trib. Ravenna 17.7.2017; Trib. Benevento 16.7.2017; Trib. Bari 11.1.2018, 2.2.2018, 17.3.2018; App. Bari 4.6.2018; Trib. Ferrara 20.4.2018; Trib. Prato 2.8.2018), l’art. 1815, comma 2, c.c. (« se sono convenuti tassi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi ») esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie, la cui ratio è quella di colpire la condotta del mutuante che approfitta della posizione dominante per imporre un regolamento degli interessi, anche soltanto a titolo di interessi di mora, contra legem e che per ciò solo, oltre alla sanzione penale, non è più meritevole, sul piano civile, di percepire alcuna somma a titolo d’interessi (App. Venezia 18.2.2013).

Nel caso di superamento ab origine del tasso soglia d’usura anche soltanto degli interessi di mora, nessuna somma è dunque dovuta a titolo di interessi corrispettivi (anche se inferiori alla soglia d’usura) e moratori, ed il mutuatario avrà diritto a rimborsare solo la somma capitale e ad ottenere la restituzione di tutte le somme indebitamente pagate a titolo di interessi: dunque conversione forzosa del mutuo usurario da oneroso a gratuito in forza della estensibilità del vizio del tasso di mora al tasso corrispettivo.

Altra (prevalente) parte della giurisprudenza di merito afferma, viceversa, che ove il tasso di mora risultasse pattuito in termini da superare il tasso-soglia rilevato all’epoca della stipulazione del contratto (usura originaria), la pattuizione del tasso di mora sarebbe nulla, ex art. 1815, comma 2, c.c., con l’effetto che, in caso di ritardo o inadempimento, non potranno essere applicati interessi di mora, ma saranno unicamente dovuti i soli interessi corrispettivi (ove pattuiti nel rispetto del tasso-soglia) (Trib. Milano 28.1.2014, 22.5.2014 e 8.3.2016; Trib. Lecce 25.9.2015; Trib. Reggio Emilia 25.2.2015; Trib. Chieti 23.4.2015; Trib. Treviso 12.11.2015; Trib. Ferrara 16.12.2015; Trib. Chieti 23.4.2015; Trib. Bologna 24.2.2016 e 6.12.2016; Trib. Ivrea 26.2.2016; App. Milano 11.5.2017; Trib. Monza 19.6.2017; Trib. Udine 14.11.2017; Trib. Chieti 3.10.2017; Trib. Salerno 19.10.2017; Trib. Torino 14.6.2017; Trib. Verona 11.12.2017; Trib. Ferrara 7.3.2018; Trib. Treviso 24.1.2018; Trib. Verona 5.4.2018; Trib. Santa Maria Capua Vetere 21.5.2018; Trib. Brescia 21.12.2017 e 19.4.2018; Trib. Treviso 22.3.2018 e 9.4.2018; App. Bologna 21.5.2018; Trib. Milano 8.2.2019; Trib. Bologna 6.3.2019; Trib. Milano 9.4.2019).

Questo approccio esegetico è rispettoso del differente inquadramento giuridico degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori, avendo essi autonoma e distinta funzione: i primi rappresentano, infatti, il corrispettivo del mutuo, mentre i secondi assolvono ad una funzione risarcitoria, preventiva e forfettizzata del danno da ritardo nell’adempimento. Da tale distinzione ontologica e funzionale, discende la necessità di isolare le singole clausole dal corpo del regolamento contrattuale ai fini della declaratoria di nullità, o meglio, di riconoscere che l’unico contratto di finanziamento contiene due distinti ed autonomi paradigmi negoziali destinati ed applicarsi in alternativa tra loro in presenza di differenti condizioni: l’uno fisiologico e finalizzato alla regolamentazione della restituzione rateale delle somme mutate; l’altro solo eventuale ed in ipotesi di patologia del rapporto, nel caso di inadempimento del mutuatario (evenienza al verificarsi della quale è ragionevole ritenere che diversamente si atteggi la volontà delle parti).

Da ciò discende che l’eventuale nullità della seconda pattuizione, relativa al caso di inadempimento ed alla patologia del rapporto, non pregiudica la validità della prima pattuizione, relativa alla fisiologia del rapporto. Se dunque gli interessi corrispettivi, convenuti entro il tasso soglia, continuano ad essere dovuti nel rispetto del piano di ammortamento rateale, l’invalidità della clausola contrattuale concernente la mora, in rigorosa applicazione della sanzione posta dal combinato disposto dagli artt. 1815, comma 2, e 1419 c.c., determina la non debenza degli interessi moratori, ma solo di tali interessi, senza che ciò comporti la conversione in mutuo gratuito di un mutuo contenente interessi moratori usurari.

Avvalora tale ricostruzione il disposto dell’art. 1815, comma 2, c.c., invero focalizzato sugli interessi corrispettivi, laddove stabilisce che se sono convenuti interessi usurari la « clausola è nulla » (Trib. Milano 8.3.2016).

Anche da un diverso angolo di visuale è comunque escluso che si possa desumere ex art. 1815, comma 2, c.c. che nessun interesse è dovuto in caso di usurarietà degli interessi moratori. Questa conclusione non è infatti sostenibile in quanto implica la totale non risarcibilità del danno da inadempimento o da ritardo, privilegiando irragionevolmente, con la gratuità del finanziamento, proprio il debitore che non adempie il proprio obbligo restitutorio (ex multis Trib. Milano 9.4.2019). Rileva, al riguardo, l’art. 1224, comma 1, c.c., laddove stabilisce che in assenza di tasso di mora si applica comunque quello corrispettivo o legale.

Ipotizzare, infine, la configurabilità di due diversi tassi soglia, uno per gli interessi corrispettivi ed uno per quelli moratori (secondo la maggiorazione prevista da Bankitalia), non condurrebbe a conclusioni diverse, dovendosi ragionevolmente ritenere che se gli interessi moratori fossero usurari, solo questi non sarebbero dovuti, mentre gli interessi corrispettivi, rispettosi del proprio limite, sarebbero comunque dovuti (Trib. Napoli 13.2.2018).

In tale contesto giurisprudenziale si colloca la decisione in commento che – nel richiamare testualmente il precedente di Cass. n. 21470/2017 – ha precisato che l’art. 1815, comma 2, c.c., nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intende per clausola la singola disposizione pattizia che contempli interessi eccedenti il tasso-soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell’entità degli interessi dovuti in forza del contratto.

Pertanto, la sanzione dell’art. 1815, comma 2, c.c., non può che colpire la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all’interno della medesima clausola, prevedano l’applicazione di interessi che usurari non siano..

Riguardo agli effetti della usurarietà degli interessi moratori, i giudici di legittimità hanno ragionevolmente stabilito che ove le parti abbiano convenuto un saggio di interesse inferiore al tasso soglia, “la relativa disposizione è valida, e non vi è modo di ritenere che ad essa si comunichi la patologia negoziale che colpisce altra pattuizione” (ossia, quella relativa alla convenzione di interessi superiori al tasso soglia), poiché “se non si comunica l’invalidità, non si comunica nemmeno l’inefficacia (data dalla non spettanza degli interessi) che da quell’invalidità si origina”.

Conclusioni

L’eventuale pattuizione di interessi moratori usurari non si comunica anche agli interessi corrispettivi pattuiti nel rispetto del tasso soglia usura.

Fonte: ilsocietario.it

Rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di imprese

Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d’ufficio ex art. 45 c.p.c.; deve di contro ritenersi che rientri nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario, diverso da quello ove la prima sia istituita.

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 19882 del 23 luglio 2019.

Fonte: ilsocietario.it

Responsabilità tributaria dei soci di società estinta e rilevanza della distribuzione del riparto

In ordine alle obbligazioni tributarie, il limite di responsabilità di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla legittimazione processuale, ma può influire sull’interesse ad agire dei creditori sociali, rapportabile, in via astratta, a quanto riscosso a seguito della liquidazione. La circostanza che i soci abbiano goduto o meno di un qualche riparto non è comunque dirimente ai fini dell’interesse ad agire del Fisco creditore, laddove anche la possibilità di sopravvenienze attive, o la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci.

Cass. Civ., Sez. Trib., sentenza 5 settembre 2019 n. 22209

Fonte: ilsocietario.it

La responsabilità omissiva dei soci amministratori di s.r.l.

Compete anche al socio amministratore di s.r.l. il diritto, previsto dall’art. 2476, comma 2, c.c. di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri e i documenti relativi alla gestione societaria compiuta dagli altri amministratori, cui egli non abbia in tutto o in parte partecipato.

La responsabilità solidale degli amministratori della S.r.l. per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società non costituisce una forma di responsabilità oggettiva posto che l’esonero da responsabilità previsto dall’art. 2476 c.c. non è ancorato al mero procedimento di rituale verbalizzazione del dissenso in occasione del consiglio di amministrazione deliberante, ma all’effettiva mancanza di qualsiasi profilo di colpa.

La Suprema Corte chiarisce alcuni aspetti fondamentali del regime di responsabilità degli amministratori di S.r.l. equiparandone i caratteri al regime dettato per gli amministratori delle S.p.A. Il giudice di legittimità afferma infatti che la responsabilità degli amministratori non esecutivi di S.r.l. deve essere trattata alla stregua di una responsabilità per colpa, elemento soggettivo da valutarsi con i medesimi criteri utilizzati nel contesto delle società azionarie, operando in tal modo una totale equiparazione dei due regimi normativi. Nel suo iter logico-argomentativo, però, con un importante passaggio interpretativo, si discosta dal dettato normativo dell’art. 2476 c.c. e dall’interpretazione che dello stesso dà parte della dottrina, che vede nel mero dissenso manifestato in sede consiliare un’esimente della responsabilità per gli amministratori dissenzienti.

Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 2038 del 26 gennaio 2018

Fonte: ilsocietario.it

Esecuzione nei confronti del socio illimitatamente responsabile della società di persone e beneficio di preventiva escussione.

L’art. 2304 c.c. prevede il beneficium excussionis, ovvero il beneficio della preventiva escussione, in favore dei soci illimitatamente responsabili di una società di persone.

In base a tale diritto il creditore sociale non può pretendere il pagamento dal socio se non dopo l’escussione del patrimonio sociale. Si potrà poi agire contro il patrimonio personale del socio solo a seguito della infruttuosa esecuzione nei confronti della società.

Il creditore può comunque richiedere l’emissione di un titolo esecutivo nei confronti del socio, illimitatamente responsabile, di società di persone, contestualmente al titolo richiesto nei confronti della società stessa.

Fonte: ilsocietario.it

Computo dei soci lavoratori di cooperativa ai fini dell’integrazione del requisito dimensionale

In una società cooperativa, anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro: con la conseguenza della fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dall’art. 18, l. n. 300 del 1970, nel testo novellato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92 del 2012.

Il caso. La Corte d’appello di Palermo aveva condannato una società di Autoservizi alla riassunzione entro tre giorni di un lavoratore licenziato, in mancanza, al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La Corte palermitana aveva ritenuto violato l’obbligo di repechage, per l’assunzione di un nuovo dipendente, ancorché a tempo determinato e parziale, in concomitanza con la decisione del licenziamento e aveva ritenuto applicabile la tutela obbligatoria, in difetto del requisito dimensionale dell’impresa.

Cass., sez. lav., 11 marzo 2019, n. 6947

Fonte: ilgiuslavorista.it

Pubblicato il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri, la n. 38, il D.lgs 12 gennaio 2019 n. 14 emanato in attuazione della legge delega n. 155/2017 recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Il provvedimento, in un corposo corpus normativo di 391 articoli, contiene la riforma organica delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare vigente, la disciplina del sovraindebitamento e altre norme (tra cui modifiche al codice civile, al testo unico bancario ecc.)

Come previsto dall’art. 389, il Codice entrerà in vigore decorsi 18 mesi dalla data della sua pubblicazione e quindi il 14 agosto 2020 fatta eccezione per alcune singole ipotesi previste in deroga (art. 27, comma 1, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388) la cui efficacia è stata prevista a partire dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e quindi dal giorno 16 marzo 2019. Altre singole norme infine, prevedono una entrata in vigore differita anche rispetto alla vacatio lunga.

Fonte: ilfallimentarista.it

La responsabilità dei sindaci per omesso controllo sull’attività gestoria

In tema di prescrizione dell’azione di responsabilità promossa dai creditori sociali, ai sensi dell’art. 2394 c.c. il bilancio costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere, onde un bilancio in attivo o in pareggio è idoneo ad offrire un’informazione rassicurante ed affidabile.

Allorché, poi, nonostante la relazione dei sindaci al bilancio, in cui si evidenzi l’inadeguatezza della valutazione di alcune voci, l’assemblea deliberi comunque la distribuzione degli utili ai soci ai sensi dell’art. 2433 c.c. senza obiezioni, in quella sede, da parte degli organi sociali di gestione e di controllo, l’idoneità, o no, di detta relazione sindacale ad integrare di per sé l’elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale rimane oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito.

Fonte: ilsocietario.it

Responsabilità omissiva del Collegio Sindacale se svolge in ritardo le attività di controllo

La Cassazione ha stabilito che il ritardo nello svolgimento della doverosa attività di controllo del collegio sindacale ai sensi degli artt. 2403 e ss. c.c. determina la responsabilità omissiva del collegio sindacale, anche se tale attività è stata effettivamente compiuta in epoca successiva.

Cassazione Civile, Seconda Sezione, Sentenza n. 23552 del 28 settembre 2018.