La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12866/2022, si è espressa su una controversia tra fratelli inerente la natura pertinenziale ed esclusiva titolarità di un cortile.
La sorella sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la pertinenza del suddetto cortile non sia stata trasferita insieme al bene principale.
La doglianza è fondata. La Corte d’Appello ha dato per apprezzata nel merito la sussistenza di un nesso pertinenziale tra il cortile comune in contesa e la porzione di proprietà esclusiva ai sensi dell’art. 817 c.c., non considerando che la comproprietà del cortile dovesse ritenersi ceduta in comproprietà pro quota, in conseguenza della vendita dell’edificio, proprio qualora nel titolo non si fosse diversamente disposto o fosse stato omesso qualunque riferimento.
Secondo il combinato disposto degli artt. 817 e 818 c.c., infatti, «la relazione pertinenziale fra due cose determina automaticamente l’estensione alla pertinenza degli effetti degli atti o rapporto giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sia cessato anteriormente all’atto concernente la cosa principale, ovvero da questo risulti espressamente la volontà del proprietario di escludere la pertinenza come oggetto dello stesso» (Cass. n. 1620/1964, n. 711/1968, n, 5790/1983, n. 6873/1994, n. 1471/2022).
Quindi, «gli accessori pertinenziali di un bene immobile devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell’atto di compravendita, essendo necessaria un’espressa volontà contraria per escluderli» (Cass. n. 634/2003).
Ne consegue che «né, ad escludere la cessione pro quota della comproprietà del cortile di pertinenza, in correlazione alla vendita dell’edificio principale, può rilevare, in senso chiaro ed univoco, il riconoscimento operato dai contraenti di un diritto di servitù di passaggio sul medesimo bene comune in favore dell’acquirente, potendo tale servitù trovare comunque giustificazione nell’intenzione di assicurare un vantaggio per la proprietà esclusiva dell’acquirente, eccedente i limi del diritto di comproprietà ex art. 1102 c.c., posto a carico della comunione residua».
Fonte: dirittoegiustizia.it