L’amministratore condominiale non tiene correttamente la contabilità? Niente compenso.

Cassazione civile, 14 febbraio 2017, n.3892, sez. II

L’amministratore deve, anche nel suo stesso interesse, provvedere alla corretta tenuta della contabilità condominiale. La causa veniva promossa da un amministratore di condominio, il quale si vedeva respingere le proprie domande di pagamento avanzate verso lo stabile amministrato in precedenza, sia in primo grado che in appello. I giudici della Corte d’appello di Roma, in particolare, respingevano le richieste del professionista rilevando come “dalla espletata CTU era risultata la mancanza di un giornale di contabilità che avesse registrato cronologicamente le operazioni riguardanti il condominio, consentendo in modo puntuale la verifica dei documenti giustificativi, onde non era possibile ricostruire l’andamento delle uscite e dei pagamenti effettuati, per fatto imputabile all’amministratore, tra cui i doveri rientrava quello di corretta tenuta della contabilità”.

L’amministratore proponeva quindi ricorso in Cassazione sostenendo che, a fronte della prova da lui fornita del proprio credito, il condominio non aveva adempiuto all’onere di provare il fatto estintivo della pretesa creditoria.

La Cassazione, nel respingere ancora una volta le richieste del professionista, rilevava come fosse condivisibile – e comunque non sindacabile dal giudice della legittimità – la valutazione della Corte di appello relativa al mancato raggiungimento della piena prova del credito relativo al compenso reclamato dall’amministratore, il quale dal canto suo deve fornirla attraverso la corretta tenuta della contabilità condominiale.

In particolare gli Ermellini rilevavano come non fosse controversa nel caso di specie la mancanza di una contabilità regolare che registrasse cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio. In alcuno degli anni in contestazione non risultava infatti essere mai stata adottata  la delibera di approvazione del rendiconto dell’amministratore da parte dell’assemblea dei condomini ex art. 1130 c.c..

Per avvalorare la propria decisione, la Corte ricorda ancora come l’amministratore di condominio sia legato allo stabile da un mandato oneroso, che prevede appunto che il mandatario debba presentare necessariamente al mandante, per avere diritto al compenso ed al rimborso delle spese anticipate, il rendiconto del proprio operato che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale.

I principi fissati dalla presente decisione della Cassazione sono pertanto chiarissimi: l’amministratore ha il preciso dovere di rendere, attraverso una puntuale tenuta della contabilità condominiale, intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione.

La tenuta della contabilità, osserva ancora la Suprema Corte, deve essere tra l’altro tale da permettere (ai condòmini anzitutto) “di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione”.

L’amministratore che non abbia eseguito correttamente tale adempimento relativo alla tenuta condominiale, pertanto, secondo la cassazione non sarà in grado di provare adeguatamente in giudizio l’entità del proprio compenso al quale pertanto dovrà necessariamente rinunciare.

La contabilità presentata dall’amministratore del condominio, sebbene non debba essere redatta con forme rigorose, deve – quantomeno – “essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi dell’entità e causale degli esborsi fatti, e di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito, nonché di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione”.

In assenza di un tale adempimento (tenuta puntuale della contabilità), quindi, “il credito dell’amministratore non può ritenersi provato”.

Avv. St. Marco Domenico Luongo